#114. Emanuelle in America (1976)


Emanuelle in America

Pensavate che l’erotico non potesse diventare horror? Pensavate che Emanuelle avesse finito le sue avventure dopo due episodi? Neanche per sogno, Emanuelle è tornata, ed è più vacca che mai (ops, ho spoilerato)

Emanuelle in America è un film del 1976 di Joe D’Amato, al secolo Aristide Massaccesi. E’ il terzo capitolo della serie di Emanuelle iniziata due anni prima con “Emanuelle Nera” di Albert Thomas. I protagonisti sono gli stessi dei film precedenti, quindi ritroviamo ovviamente Laura Gemsre e Gabriele Tinti. Nel cast anche Riccardo Salvino, coprotagonista in “Il Tuo Vizio è una Stanza Chiusa e solo Io ne ho la Chiave” (1972) di Sergio Martino, Lars Bloch, che alcuni ricorderanno nel fantozziano ruolo del Megapresidente e Paola Senatore, già presente in “Diario Segreto di un Carcere Femminile” (1973) di Rino Di Silvestro e che comparirà anche in “Mangiati Vivi!” (1980) di Umberto Lenzi.

Anno: Italia 1976

Regia: Joe D’Amato

Soggetto: Ottavio Alessi, Piero Vivarelli

Sceneggiatura: Piero Vivarelli, Maria Pia Fusco, Ottavio Alessi

Cast: Laura Gemser, Gabriele Tinti, Roger Brown, Riccardo Salvino, Lars Bloch, Paola Senatore, Maria Pia Regoli, Giulio Bianchi, Efrem Appel, Stefania Nocini, Lorraine De Selle

Durata: 90 minuti (versione soft), 100 minuti (versione hard)

101 Parole di Trama (no spoiler)

Emanuelle è una fotoreporter e lavora sia con modelle da copertine patinate, sia come giornalista da grandi inchieste; per questo viene mandata dal direttore della testata per la quale lavora in giro per il mondo per documentare tutta una serie di scandali che coinvolgono uomini di prestigio e le loro aberranti passioni. La troveremo a New York, a Venezia, nei Caraibi, in Sudamerica e in Africa. Le situazioni delle quali sarà tesimone coinvolgono spesso donne ridotte in un condizione di semi schiavitù e le buone intenzioni di Emanuelle dovranno scontrarsi con la volontà dei vertici della società di insabbiare il tutto.

Commento (appassionato)

Joe D’Amato aveva esordito nella saga di Emanuelle con il capitolo precedente, “Emanuelle Nera – Orient Reportage” ma, per coloro che sono abituati a conoscere il vero Joe D’amato, l’opera non pareva neanche sua; troppo classica, troppo legata all’”Emanuelle Nera” di Albertini.

Ebbene con “Emanuelle in America” Joe D’Amato diventa Joe D’Amato. Il film si presenta come una commistione estrema di generi, dal thriller, all’horror nel suo sottogenere snuff, dal mondo movie all’avventuroso, dall’erotico al pornografico. Di questo minestrone enorme di generi quello che sovrasta tutti gli altri per quantità è ovviamente quello erotico, declinato nel suo aspetto più esplicito fino a sfociare in molti passaggi in vero e proprio porno.

Emanuelle in America 5

“Emanuelle in America” è quindi una sorta di punto di “ripartenza” della saga, questa volta nell’ottica “d’amatiana”, che procederà alla grande con i successivi due capitoli, entrambi del 1977 “Emanuelle – Perché Violenza alle Donne?”  e “Emanuelle e gli Ultimi Cannibali” dove verranno raggiunte le più alte vette di contaminazione di generi.

Visto il successo del precedente capitolo, il vecchio Aristide si rimette dietro la macchina da presa e inizia a girare ed osare, con uno stile che diventerà peculiare. Nel film egli caratterizzerà in modo definitivo il carattere della protagonista come una fotoreporter forte e indipendente, ma soprattutto ninfomane e la caccerà in una miriade di situazioni pericolose nei quattro angoli del mondo. Al tradizionale leitmotiv erotico, D’Amato aggiunse il suo tocco inserendo scene da film horror come quella famosissima del finto snuff la cui eccellentissima realizzazione gli valse pesanti accuse essendo stato reputato un caso reale di tortura sulle donne. Un plauso doveroso va quindi al celeberrimo Giannetto De Rossi per i suoi effetti speciali. Le musiche accompagnano il film praticamente in ogni scena e portano la firma di un mostro sacro come Nico Fidenco. Alcuni passaggi sono talmente orecchiabili da rimanere impressi nella memoria e a tal proposito giungo a dire che qualche pezzo potrebbe essere accusato di plagio (il tema principale ricorda molto “Time” dei Pink Floyd uscita tre anni prima).

Risultato finale: botto al botteghino e oltre 600 milioni incassati. Assolutamente non male.

Per questo capitolo Joe D’Amato spende solamente due secondi sulla trama che potrebbe essere riassunta così: Emanuelle gira per il mondo in cerca di persone strane e le fotografa di nascosto suscitando le loro ire. Quindi, sì, la trama fa pena, ma è già un miglioramento rispetto ai film precedenti. Nonostante la generosa fatica (???) nel dare un senso alla narrazione, quello che nella prima parte è un film erotico mooolto spinto, nella seconda parte, quando D’Amato si scatena mandando a puttane i propri freni inibitori, diventa un porno horror in tutto e per tutto. Leggenda vuole che gli inserimenti di materiale pornografico (scusate il gioco di parole…) non fossero stati pianificati ma, notando che durante una scena di sesso simulato ad un attore venne barzotto, il marpione Joe iniziò a stuzzicare l’attrice responsabile fino a convincerla a fargli un bel soffocone. La cosa piacque molto (ma va’…) alla produzione e il resto è storia.

Emanuelle in America

Ad inizio film capiamo subito l’evoluzione finale del carattere di Emanuelle: viene aggredita da un pazzo in macchina ma non si scompone e, anzi, prende il sopravvento e da una ciucciata al suo sequestratore convertendolo da sesso-repellente a ninfomane. Quindi oltre ad essere una donna forte diventa pure vacca all’ennesima potenza. Scompare inoltre il suo vero nome, Mae Jordan, quasi a segnare un ulteriore punto di rottura con il passato.

Le varie avventure di Emanuelle hanno tutte un esilissimo filo conduttore che è quello dello sfruttamento e della violenza sulle donne, tema che verrà “trattato” nel successivo “Emanuelle – Perché violenza alle Donne?” (1977).

La nostra protagonista si caccia sempre in contesti pericolosi ma con il potere della sua passera riesce sempre ad uscirsene alla grande: prima riesce a scappare da un harem denunciando pure il pappone che lo gestisce (peraltro senza motivo, visto che lui in cambio di sesso con dodici donnine lascive le fa vivere nel lusso sfrenato e senza pensieri; lo chiamerei quasi un benefattore), quindi sputtana uno che brucia i suoi miliardi per fare festini con papponi vari dove in premio ci sono signorine ricoperte di panna montata (altro reportage che non dovrebbe fare particolare scalpore); poi porta testimonianza di un bordello maschile nei caraibi e quindi si arriva al gran finale.

Questa parte è probabilmente la vetta più alta di tutta la cinematografia su Emanuelle. Vediamo scene snuff realizzate con sconcertante realismo (che per la prima volta faranno venire i brividi alla protagonista) mentre vengono proposte da un sadico politico. Il filmino con le torture sembra quasi un found footage e contiene immagini molto forti, inaspettate un film erotico: si vedono donne penetrate da enormi falli, ingozzate di olio bollente, sfregiate e coni seni tagliati a coltello. Veramente un pugno allo stomaco.

Emanuelle in America 6

Altra scena che fece discutere, non per il suo contenuto violento, fu quella in cui una delle donne dell’harem ad inizio film masturba un cavallo.  Una scena che si pone nel bel mezzo di circa un lustro nel quale il filone zoofilo ebbe un fulmineo successo, passando la “La Bestia” (1975) di Walerian Borowczyk a “Bestialità” (1976) di Peter Skerl e Luigi Montefiori fino a “La Bestia nello Spazio” (1980) di Alfonso Brescia.

Emanuelle in America 5

Se vogliamo trovare un minimo messaggio in questo film (ma va cercato davvero con il lanternino) dobbiamo analizzare una delle scene finali, quando Emanuelle dà al suo direttore le prove delle torture inflitte a povere donne per la gioia di loschi uomini d’affari. Il suo desiderio di rendere pubblica la vicenda si scontra con motivazioni “politiche” addotte dalla direzione: uno scandalo del genere potrebbe portare conseguenze molto gravi e potenzialmente letali per la società. Il messaggio quindi (ripeto, solo se vogliamo trovarlo, un messaggio) è pessimista, è quello dell’impossibilità di far emergere la verità e di come la caparbietà del singolo non possa trionfare contro lo status quo, in una morale che potrebbe ricordare quella di “Cannibal Holocaust” (1980) di Ruggero Deodato. Tutto però viene allegramente annacquato da D’amato nella scena finale dove vediamo una Laura Gemser versione sposa di panzuto re africano che scappa mezza nuda verso nuove avventure, probabilmente a sfondo sessuali.

Proprio il caso di dire “mandare tutto a puttane”.

Scena imperdibile

Un film dove citare una scena imperdibile vuol dire tutto e niente. Se mettiamo l’asticella ad un livello appena alto, nessuna scena è memorabile, se la mettiamo troppo bassa rischiamo di includere di tutto. Di sicuro la scena più celebre del film è quello dello snuff finale, la più forte di tutte.

Emanuelle in America 2

Se però vogliamo evitare di fare i finti moralisti e giudicare il film per quello che è, cioè un erotico molto borderline direi che è da salvare la parte che si svolge nell’harem, dove Emanuelle per placare le proprie voglie si concede a tutte le donne che incontra.

Citazioni

…davvero pensavate che ci sarebbero state delle citazioni? Vabbè dai giusto una ve la metto…

Tu credi che un incubo si possa fotografare?

In definitiva

Probabilmente il miglior film della serie, nel quale Joe D’Amato fonde praticamente tutti i generi esistenti in una storia il cui fil rouge è il sesso.

Valutazione

Regia 6
Trama 4
Recitazione 4
Il giudizio di MoviesTavern (vale doppio!) 7
Voto complessivo 5.6

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